Orange Wine Festival: i vini a lunga macerazione

A Isola d’Istria, il 27.4.2018, si è svolto l’Orange Wine Festival organizzato dalla società Vinadria, facente capo la famiglia Zaro, in collaborazione con la CAN e il Comune di Isola.

I ringraziamenti van sempre alla signora Fabiana Romanutti, direttore responsabile ed editoriale del Magazine QB Quantobasta.

Cosa sono gli Orange Wine

Sono vini che derivano da un processo naturale di macerazione in cui il mosto in fermentazione rimane a contatto con le bucce, da qualche giorno a diversi mesi, consentendo così l’estrazione di tutte quelle sostanze coloranti (i polifenoli) che conferiscono questa particolare e affascinante colorazione ambrata (e non arancione come molti profani pensano…).
La produzione parte da una vigna e da un’uva sana e di qualità, coltivata per lo più seguendo metodi naturali e biodinamici. Si tratta di colture e piccole produzioni che richiedono un’attenzione particolare: in cantina la fermentazione può durare molti mesi e avviene naturalmente e senza controllo di temperature né l’aggiunta di alcun conservante (i solfiti).
Come per i rossi, vengono effettuate delle follature (il procedimento con cui, durante la fermentazione, le vinacce che risalendo formano un tappo o cappello, vengono di nuovo spinte verso il basso attraverso il mosto che così assorbe tannini e  sostanze coloranti). Il mosto così fermentato e diventato vino viene poi fatto affinare in botti di legno per un periodo che può andare dai 4 ai 10 anni e, infine, imbottigliato senza essere filtrato. La conservazione delle bottiglie in posizione verticale consentirà alle particelle organiche residue di precipitare sul fondo e in qualche modo di chiarificare il vino. 
Sono vini suggestivi,  non facili da capire e bere, totalmente al di fuori dei canoni tradizionali, ma che una volta apprezzati diventano una sorta di droga e una delizia. Ecco, non sarà mai un vino beverino, facile o rinfrescante, ma piuttosto un vino scontroso, alle volte pesante, che aspetta gli si vada incontro con la giusta predisposizione e pazienza. Pazienza nel capirlo, nel prestare attenzione al suo variegato ventaglio di aromi che via via si aprono nella loro complessità e nella personalità che sprigiona a ogni sorso, non bisogna aver fretta con questi orange.

Da dove nascono

La storia degli orange wine nasce in antichità sulle alture della Georgia, nel Caucaso: gli archeologi hanno rilevato che già cinquemila anni fa le popolazioni della zona deponevano l’uva nelle cosiddetti “Qvevri”, contenitori in terracotta di grandi dimensioni in cui dare luogo a lunghe macerazioni per ottenere vini concentrati e carichi di colore. Questa tecnica viene tuttora utilizzata dalle cantine della zona ed è stata ripresa da diversi produttori del Friuli Venezia Giulia (dove è nata la riscoperta di questo stile), Slovenia, Austria, Croazia e ora anche qualche regione in Italia.
Io i vignaioli che han deciso di intraprendere questo percorso, anzi quasi filosofia, di vino li definisco “visionari” perchè, ogni volta che parlo con qualcuno di loro, sento le sperimentazioni in cantina più fantasiose e particolari. Il mondo orange è davvero un mondo a se stante, affascinante e difficili, però una volta capito ti prende come un turbine senza lasciarti più andare.

Il Festival

64 produttori diversi (175 vini in degustazione) dislocati tra Palazzo Manzioli, la piazza e la chiesa. Come sempre impossibile riuscire a provare e parlare con tutti, anche se son stata lì la bellezza di 7 ore…

I miei appunti

Sassotondo
Uno dei pochi produttori italiani di fuori regione. Presente con il numero sei (50% greco 50% sauvignon) e il numero 10 (100% greco)
Prima bottiglia di orange wine nel 2001 per il numero sei e nel 2009 per il numero dieci, un vero precursore. 
A Sorano, nella bellissima provincia di Grosseto, nell’alta valle del fiume Fiora, tra Pitigliano e Sovana. Una cantina scavata nel tufo vulcanico che mi son assolutamente segnata di andare a vedere la prossima volta che passo dalla Toscana, curiosa inoltre di provare il loro ciliegiolo in purezza.

Valdisole di Giuseppe Amato
Giovane vignaiolo piemontese sperimentatore. 
100% Arneis, inizia nel 2015 con 15 giorni sulle bucce e poi un anno e mezzo in bottiglia. Nel 2017 6 mesi sulle bucce. Tutto legno, niente inox.
Il 2016 addirittura dopo la macerazione lo fa ripassare, da novembre ad aprile, sulle bucce del passito. Un assaggio particolarissimo, un vino complicato ma intrigante, un esperimento davvero particolare, ma oserei dire ben riuscito.

La Stoppa
Della Val Trebbiola, in provincia di Piacenza, presente con Ageno 2014 (Malvasia di Candia Aromatica 60%, Ortrugo e Trebbiano 40%), macerazione sulle bucce per 30 gg. utilizzando solo lieviti indigeni e senza l’aggiunta di anidride solforosa, 12 mesi, meta’ in vasca d’acciaio e meta’ in barriques usate di rovere francese, due anni in bottiglia, nessuna filtrazione.

Dinavolo
Dinavolo è Giulio Armani, enologo-deus ex machina de La Stoppa, famosa azienda vinicola dei Colli Piacentini pioniera di una viticultura secondo natura sin dagli anni ’70.
Nel 2005 decide di acquistare alcuni appezzamenti a Travo per avviare un suo progetto di vino personale. Siamo in Val Trebbia a sud ovest di Piacenza e nell’area nord occidentale dell’Emilia Romagna:  2 ettari di vigneti disposti tra i 350 e i 450 m.  su suoli calcarei e argillosi con piante di 40 anni di età (Denavolo) e 3 ettari su due appezzamenti disposti tra i 500 e i 700 m. su suoli sassosi e calcarei con piante più recenti di circa 10 anni (Catavela).  Qui Giulio Armani porta avanti le uve della tradizione e questa volta sono solo bianche ma lavorate come fossero rosse: Malvasia di Candia Aromatica, Ortrugo, Marsanne (di origine francese invero ma impiantato qui durante le guerre napoleoniche), Trebbiano  e pochi filari di Santa Maria e Sauvignon Blanc. Altitudine, grandi inclinazioni, esposizione a sud, ventilazione e forti gap termici concorrono a uve sane e mature. La viticoltura non prevede null’altro all’infuori di rame e zolfo. 
Presente con Dinavolo 2008: 25% Malvasia di Candia Aromatica, Marsanne, Ortrugo e altre uve locali su terreni calcarei a 500 metri che permettono al vino di mantenere freschezza nonostante la lunga macerazione sulle bucce di 6 mesi e sulle fecce per 8 mesi.

Il Tufiello
Campania, Alta Irpinia, presente con Sancho Panza 2016 (100% Fiano), 2 mesi sulle bucce tutto in acciaio. La produzione dell’annata 2016, mi si dice, era stata piuttosto fredda quindi il vino rimane più fresco e molto meno complesso di quello dell’annata 2015 (Montemattina 2015) che, effettivamente, già al naso risulta più complesso e profondo.

Tenuta Grillo
nel Monferrato, ma la stessa famiglia di Il Tuffiello (hanno vigne sia in Campania, terra d’origine, che in Piemonte)
Baccabianca 2010 (100% cortese), prima bottiglia nel 2003, un tannino rustico quasi da vino rosso, bellissimo in bocca, la lascia asciutta e pulita, pronta per il sorso successivo, vino estremamente affascinante.
Solleone 2013 (100% Sauvignon), fermentazione spontanea con lunga macerazione sulle bucce (circa 60 giorni). Due anni di maturazioni sui sedimenti e ulteriore affinamento in bottiglia. 

Movia
Qui passiamo nella serie A dei vini, una fama mondiale più che motivata. Ci troviamo nella Brda (Collio sloveno), flysch che permette di avere vini secchi, freschi, vivaci ma equilibrati.
Lunar 2008 (100% Chardonnay), l’uva diraspata a mano viene messa nelle nuove botti di rovere modificate nell’apertura dove avviene la fermentazione, la macerazione e l’affinamento sulle bucce per circa otto mesi, senza aggiunte di nessun tipo di prodotti chimici. Dopo questo periodo (9mesi) l’imbottigliamento viene fatto per caduta durante la luna piena, senza filtrazione. Maturazione 9 mesi nelle botti di rovere francese speciali, elaborati 220l e affinamento in bottiglie da vol. 0,75l per 6 mesi.
Lunar 2007 (100% Ribolla), l’uva diraspata a mano viene messa nelle nuove botti di rovere modificate nell’apertura dove avviene la fermentazione, la macerazione e l’affinamento sulle bucce per circa otto mesi, senza aggiunte di nessun tipo di prodotti chimici. Dopo questo periodo l’imbottigliamento viene fatto per caduta durante la luna piena, senza filtrazione. Cosi nasce il nostro Lunar, è effettivamente il vino che l’uomo trova nella natura. Maturazione 8 mesi nelle botti di rovere francese speciali, elaborati: 220l e affinamento in bottiglie da vol. 0,75l per 6 mesi.
Lunar 2013 (50% Chardonnay, 50% Ribolla), l’uva diraspata a mano viene messa nelle nuove botti di rovere modificate nell’apertura dove avviene la fermentazione, la macerazione e l’affinamento sulle bucce per circa otto mesi, senza aggiunte di nessun tipo di prodotti chimici. Dopo questo periodo (8 mesi) l’imbottigliamento viene fatto per caduta durante la luna piena, senza filtrazione. Cosi nasce il nostro Lunar, è effettivamente il vino che l’uomo trova nella natura. Maturazione 8 mesi nelle botti di rovere francese speciali, elaborati 220l e affinamento in bottiglie da vol. 0,75l per 6 mesi.

Keber
Brda 2015 (Ribolla Gialla 50%, Friulano 40%, Malvasia Istriana 10%). Nasce da macerazione sulle bucce per un mese, fermentazione spontanea e affinamento per 2 anni in botte grande. Sentori mediterranei di erbe, frutta e fiori sono attraversati da refoli minerali e salati, di lunga e ritmata progressione.

Montemoro
Malvasia aMorus 2011 (100% Malvasia), 30 giorni sulle bucce, poi due anni in botti usate di rovere francese e sloveno, sui lieviti. 
Un vino ricco e pieno con un intenso colore oro e un aroma complesso, che sta ancora maturando ed evolvendo. Intenso e capriccioso, rimodellante aromatico di agrumi, pesche, fiori d’acacia e spezie dolci. Un palato minerale con una buona combinazione di eleganza e struttura. Molto particolare e delicato allo stesso tempo.

Sveti Martin 
Nel cuore della Vipavska dolina (Valle del Vipacco) e l’anima delle colline vinifere. 
Pinela 2015 (100% Pinella), 6 giorni sulle bucce, 1 anno in tonneaux. 
Rebula 2015 7 giorni sulle bucce e 2 anni in botte, 2012 10 giorni sulle bucce e 3 anni in tonneaux, 2005 4 giorni sulle bucce e 2 anni in botte (100% Ribolla)

Draga – Miklus
Miklus 2016 e 2014 (100% Pinot Grigio)
Collio. L’uva viene vendemmiata e selezionata manualmente, poi diraspata delicatamente e posta a macerazione sulle bucce per 3 giorni in tini conici di rovere senza controllo della temperatura. In questi giorni inizia la fermentazione alcolica e tre volte al giorno vengono effettuale le follature manuali (immersione delle bucce nel mosto). Successivamente le bucce vengono sottoposte alla pressatura soffice e il vino poi troverà posto in botti grandi di rovere per 6 mesi, sempre a contatto con i lieviti fino all’imbottigliamento. La maturazione segue in botti di acciaio. Affinamento in bottiglie per minimo 6 mesi.
Il 2016 aveva uno dei più bei colori ramati che io abbia visto nella giornata.

Montanar
Denis Montanar è uno dei vitivinicoltori che fanno parte di quel drappello di “estremisti” che fanno ancora oggi discutere, creare fazioni di convinti assertori dei suoi vini o esattamente il contrario. Da tempo è associato al gruppo Triple A, ovvero “Agricoltori, Artigiani, Artisti”, termini che mettono subito in chiaro la scelta di lavorare con metodi più naturali possibili: in vigna sovescio e concimazione con letame naturale, uso motlo ridotto di rame e zolfo, raccolta manuale; in cantina fermentazioni con lieviti indigeni, pochissima solforosa, niente chiarifiche né filtrazioni. Le retroetichette dei suoi vini forniscono molti dati, dal tipo di suolo (argilloso) all’estensione del vigneto (0,30 Ha), età media dell’impianto (circa 20 anni), ceppi per ettaro (6.500), res per ettaro (25 q); la vinificazione prevede diraspatura, macerazione con chicco intero per 3 giorni in tino aperto con lieviti naturali e torchiatura verticale; affinamento in tonneau da 5 ettolitri per 50 mesi, solforosa totale 55 mg/l; numero bottiglie prodotte 1.300. 
Scodovacca 2009 (100% verduzzo), la diraspatura avviene una macerazione con chicco intero per 3 giorni in tino aperto con lieviti naturali. L’affinamento viene svolto in botti di rovere francese (tonneaux) da 5 hl per 60 mesi.
Notevole l’impatto al gusto, c’è materia ma anche freschezza, nerbo, dinamicità e persistenza, senza mai nascondere le caratteristiche tipiche del verduzzo.

Radikon
Oslavia, una delle aziende di riferimento per i vini macerati (e probabilmente  anche la più conosciuta in Italia da quel che leggo spesso nei vari gruppi social di amatori), con una produzione di circa 30mila/35mila bottiglie, da circa 13 ettari vitati, che si identifica – oltre che per la riconosciuta qualità dei suoi prodotti – anche per formati particolari (1 litro e mezzo litro) e un’etichetta colorata e unica.
Sivi 2016 (100% Pinot Grigio), l’uva diraspata viene posta in tini di rovere dove resta per dieci giorni durante
i quali si svolge parte della fermentazione a contatto con le bucce, senza il controllo della
temperatura e senza aggiunta di lieviti selezionati. Dopo la svinatura il vino finisce la fermentazione alcolica e malolattica in botti di rovere da 35 hl, per circa 18 mesi, durante questo periodo si effettuano uno o due travasi
se necessari.
Oslavje 2011 (40% Chardonnay, 30% Pinot Grigio e 30% Sauvignon), : l’uva diraspata viene posta in tini di rovere dove si svolge la fermentazione a contatto con le bucce, senza il controllo della temperatura e senza aggiunta di lieviti
selezionati. Per tenere sempre immerse le bucce durante tutta la macerazione si eseguono 3-4 follature manuali al giorno. Alla fine della fermentazione alcolica i tini vengono colmati e chiusi, il vino rimane a contatto con le bucce per tre – quattro mesi, qui avviene anche la fermentazione malolattica. Dopo la svinatura il vino riposa in botti di rovere da 25 – 35 hl, per circa 4 anni, durante questo periodo si effettuano solo alcuni travasi quando necessari.
Imbottigliamento: avvenuto senza alcuna filtrazione né chiarifica, nel settembre del 2011, in bottiglie da 1 litro e 0,50 litri, e senza aggiunta di conservanti. 
Vino totemico che li ha fatti conoscere nel mondo. 
Giallo aranciato, luminoso e ricco. Al naso esprime bei profumi, ricchi e complessi, che richiamano la frutta, mela e albicocca. Al palato è ampio, persistente e leggermente sapido, allo stesso tempo lievemente tannico, elegante e minerale. Lunghissimo, chiude su note di pesca disidratata.

A dire il vero ne ho assaggiato davvero tanti, di molti non ho preso appunti alle volte proprio per mancanza di spazio e tempo, altri invece son state delle belle conferme come il Prulke 2008 di Zidarich, il Vis Uvae de Il Carpino (tra le cose sempre splendidi e simpaticissimi), la Malvasia 2016 di Zaro, le Malvasie di Rodica, Roxanich.