Si è svolto il 10 febbraio, a Isola d’Istria (Slovenia), nella bellissima cornice di Palazzo Manzioli, organizzato dall’associazione “Vinadria”, dal Comune di Isola e dalla Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana di Isola, l’edizione 2018 di Refuscus Mundi: 35 produttori sloveni, italiani e croati con le loro personali declinazioni di Refosco: fermo giovane e maturo, spumantizzato sia in metodo classico che Martinotti, rosè.
Ma cos’è il Refosco?
-Il principale, perché più coltivato, è il Refosco dal peduncolo rosso. Vicino geneticamente alla savoiarda Mondeuse, risulta imparentato anche con il Primitivo, il Terrano, la Corvina veronese (quella che si usa per produrre l’Amarone della Valpolicella) e il Pinot.
-Il Refosco Nostrano noto anche come “di Faedis” o di “Torreano” lo troviamo nella pedemontana orientale del Friuli.
-Il Refoscone coltivato un tempo nel cividalese e oggi scarsamente presente.
-Il Refosco gentile (o di Rauscedo) allevato a San Vito, Valvasone e S. Giorgio della Richinvelda (prov. di Pordenone)
-Il Refosco d’Istria che dà il celebre vino Terrano del Carso triestino.
-Il Refosco Guarnieri, di origine veneta, coltivato ancor oggi nella zona di Feltre in provincia di Belluno.
[cit: vini dell’anima]
Citazione dell’enologa Nika Gregorič “Nonostante si tratti del medesimo vitigno, nell’Istria slovena da esso si origina il refosco, mentre sulla terra rossa carsica il prodotto ottenuto è il terrano”
Era davvero impossibile pensare di assaggiare tutto, qualcosa di pregevole mi sarà di sicuro sfuggito, ma quelli che mi han colpito son stati:
Refosco di Faedis (Friuli Colli Orientali): un’associazione volontaria di 10 viticoltori della zona che si autovalutano, al buio, per definire che azienda avrà l’etichetta piu pregiata, quella nera, del marchio; le altre invece usciranno con l’etichetta bianca. Ho provato le annate 2015, 2014 ,2013, ma indubbiamente la mia preferita è stata la 2012 dell’Azienda Agricola Zani.
Le uve raccolte quando raggiungono il miglior grado di maturazione, vengono diraspate, pigiate e lasciate fermentare a contatto con le bucce. In questa fase, che può durare dai 10 ai 12 giorni, si effettuano diversi rimontaggi per favorire il passaggio del colore e dei tannini al mosto in fermentazione. Dopo la svinatura il mosto con le vinacce viene pressato in modo soffice , poi si attende la fine della fermentazione alcolica, che avviene in botti d’acciaio inox, e dopo gli opportuni travasi il vino ottenuto viene lasciato riposare per almeno 24 mesi nelle rispettive botti , dove svolge la fermentazione malolattica. Il vino viene imbottigliato nelle bottiglie e lasciato maturare per almeno altri 6 mesi, a questo punto il vino è pronto per la commercializzazione.
Rosso rubino intenso con riflessi violacei, limpido e consistente. Profumo caratteristico e intenso con note floreali di rosa e viola e fruttate con frutti di bosco, ribes e mora. Gusto strutturato, tannico e sapido. Abbastanza equilibrato, fine e persistente. Robusto e maturo, abbastanza armonico.
Refosco dal peduncolo rosso di Felluga 2014: questa è stata una conferma, direi che finora su qualsiasi vino (bianco rosso che sia) Felluga non mi ha mai deluso
L’uva viene delicatamente diraspata e sottoposta a pigiatura. La fermentazione avviene con macerazione delle bucce a temperatura controllata, in recipienti di acciaio inox. Vengono eseguiti frequenti rimontaggi, per un periodo di circa tre settimane, al fine di estrarre colore ed aromi dalle bucce. Avviene quindi la pressatura.
La maturazione avviene per circa dodici mesi in piccole botti di rovere francese. Il vino imbottigliato viene normalmente conservato in locali termocondizionati per per almeno quattro mesi.
Rosso rubino brillante con riflessi violacei. Profumo ampio e complesso con sentori fruttati di prugna matura e mora, penetrante nelle note di spezie e erbaceo con note di sottobosco. Dal gusto complesso e morbido, tannico, fresco e con piacevole retrogusto amaro. Di corpo, pronto e abbastanza armonico.
Imà Barde: di Parovel, non conoscevo questa linea dell’azienda (che quest’anno festeggia il 120 anniversario) e ringrazio il mio “cicerone” della giornata che me l’ha fatta notare. Erano presenti con l’annata 2010 e 2012. La prima nel formato magnum, la seconda nella classica bottiglia 750. Ho preferito, all’assaggio, l’annata 2010 decisamente più morbida e equilibrata.
I migliori grappoli vengono selezionati in campagna durante la vendemmia; questa avviene verso la fine di settembre quando l’uva raggiunge una leggera surmaturazione. Il mosto subisce una macerazione prefermentativa a basse temperature per l’estrazione dei tannini più dolci e morbidi. Segue la fermentazione alcolica a temperatura controllata e poi la malolattica in barrique di rovere francese. Il vino rimane in legno per 8/10 mesi e successivamente viene affinato in bottiglia almeno 6 mesi
Rosso rubino intenso. Al naso ricco e speziato, con note di more, frutta nera selvatica, erbe aromatiche e cuoio. In bocca corposo, tipico, elegante nonostante una leggera asprezza dovuta alle severe condizioni ambientali della zona in cui cresce la pianta. Sentori di spezie mediterranee e liquirizia, piacevolmente sapido. Persistente, avvolgente e lungo in bocca. Maturo, robusto e abbastanza armonico.
La scoperta che mi ha fatto ricredere sulle mie incertezze in fatto di rosè.
Talmente tanto presa nel provarlo in entrambe le sue declinazioni, fermo e spumantizzato con metodo classico, e di interrogare fortemente in merito il povero rappresentante da scordarmi addirittura di far la foto delle bottiglie… davvero meritevole, son davvero contenta di averlo potuto scoprire grazie a questo evento perchè, onestamente, di mia iniziativa non l’avrei mai scelto in una carta vini o anche semplicemente al bicchiere in qualche locale. Ne ho già ordinate un paio di bottiglie…
Kobal: refosco spumantizzato, questo mi incuriosiva parecchio. Tera, spumantizzato con metodo Charmat, anno 2016 e Gala sempre 2016, ma metodo classico. E’ stato però uno dei primi provati, li ricordo gradevoli (più il Gala), ma emozionata e frastornata dall’inizio giro non mi son appuntata granché di appunti quindi indubbiamente, mio malgrado, dovrò riprovarli…
Senza dubbio alcuno però la cosa che mi ha emozionato e affascinato di più è stata la morsa del prosciutto (tagliato a mano, caldo, servito su crostini di pane nero con salsa di kren) fatta interamente in legno d’ulivo: la voglio!
Gran bell’evento, soprattutto per chi, come me, è ancora in pieno percorso perchè da la possibilità di assaggiare declinazioni diverse dello stesso prodotto e, soprattutto, di entrare in contatto direttamente con i produttori, sempre cortesi e pronti alle spiegazioni di qualsiasi tipo.
Inoltre mi è d’obbligo (ma anche un piacere) ringraziare Max Tramontini del Progetto Docet che mi ha accompagnato in questo mio primo evento enologico ed è stato un mirabile e paziente cicerone.