Jermann

Nuova degustazione, sempre nella splendida cornice di Bischoff (ma quanto mi piace questo posto??? anche se cerco di non guardarmi mai troppo attorno, sarebbe deleterio per il mio portafoglio…), questa volta Jermann, una eccellenza del Collio dal 1881 quando il trisavolo Anton Jermann giunge a Farra dalla zona di produzione vinicola austriaca del Burgenland. 
Nel 1971 Silvio Jermann,  laureatosi in enologia sia a Conegliano che a San Michele, rivoluziona l’azienda di famiglia: al rientro dalla sua lunga esperienza di lavoro oltreoceano, crea il blend Vintage Tunina: un uvaggio le migliori uve, pinot bianco e sauvignon soprattutto, della vigna Tunina.

Ne scrive Veronelli, nel 1979, su Panorama:
<<un vino senza eguali: giallo oro pallido, gioioso e brillante; bouquet largo, grasso e sensuale (si rincorrono suggestioni di peperone dolce, pomodoro maturo e fiori di acacia); sapore secco senza asperità e cedimenti, anche grasso e sensuale (con indicibile eleganza); nerbo vivido in stoffa che si apre sino a coda di pavone; pieno carattere e razza.>>

Azienda con una produzione di circa 900.000 bottiglie (il 94% di vini bianchi), il 60% distribuite sul territorio nazionale e il resto tra America, Giappone, Inghilterra, Russia e Germania.
Si estende su 200 ettari, di cui 160 adibiti a vigneto e 20 ettari a seminativi, tutto con grande attenzione all’ambiente e la biodiversità e con zero uso di fertilizzanti, residui chimici e pesticidi. I vigneti sono sparsi in tre zone principali: sulla pregiata collina di Ruttars, dove le piante godono di un terreno leggero e fresco e di un microclima non troppo caldo con abbassamenti termici notturni; sui terreni sassosi dell’Isonzo, in un’area soleggiata, ma ventilata; a Villanova di Farra, dove ha sede l’antica cantina, in una porzione molto suggestiva del territorio della Doc Collio. Una nuova cantina è stata costruita attorno ai vigneti di Ruttars, inaugurata il 07/07/2007 e dotata delle più moderne tecnologie, nel cuore di Dolegna del Collio (GO), è circondata da oltre 20 ettari di vigneto ed è stata progettata esclusivamente per la vinificazione del Capo Martino e Vignatruss – le cui vigne sono a ridosso della cantina, del Where Dreams e del Vintage Tunina.

Presentazione mirabilmente guidata dal loro Direttore Edi Clementin, personalmente l’ho trovata molto articolata, completa e esaustiva anche se le mie curiosità non si sono placate, anzi, dopo la presentazione me ne sono rimaste moltissime da voler approfondire e sviluppare.
Primo su tutti l’utilizzo della capsula Stelvin (tappo a vite), dibattito che infiamma molti gruppi di amanti del vino e operatori del settore. 

dal sito Winepoint
Vantaggi:
– no ai pericoli di contaminazione del sughero;
– conservazione più lunga per i vini bianchi;
– concentrazione inferiore di conservante (solfiti);
– no ai problemi dovuti alla dilatazione o contrazione (dovuti alla variazione di temperatura del luogo di conservazione dei vini) sia del sughero che di altre soluzioni illusive di tappo tradizionale (tappo in silicone o in polimeri vegetali);
– è di aiuto e comodo per i professionisti del settore, le bottiglie ‘fallate’ che sanno di tappo sono un fastidio da gestire e il cliente non sempre comprende di chi è la colpa, se errata conservazione o prodotto scadente o semplicemente un lotto sfortunato. 
Svantaggi:
– si perde il rito ed il romanticismo dell’apertura, l’abilità dell’estrazione e valutazione dei profumi per verificare la corretta conservazione del vino;
– lunghe conservazioni in assenza di ossigeno creano problemi di riduzione, appena aperto il vino è in fase di risveglio, stretto su se stesso emanando solo una parte di profumi, con qualche minuto di corretta ossigenazione sia i profumi che l’esperienza gusto olfattiva migliorano significativamente fino a diventare strepitosi.

L’azienda Jermann dal 2012 usa il 30% in meno di solforosa e utilizza il tappo a vite per il 40% dei suoi prodotti (dal 2006 sui monovarietali e dal 2011, dopo 7 anni di sperimentazioni, anche sui CRU).

Ne ha scritto anche Wine Spectator dopo una visita. Articolo ripreso con traduzione da Intravino in questo interessante articolo

Io sto ancora studiando e sentendo varie campane tra amici produttori e enologi, non ho ancora un’idea precisa perchè ho poca esperienza in merito, posso solo dire che effettivamente può avere i suoi vantaggi per l’annoso problema del “sentore di tappo” principalmente, però il “congelamento” dei vari aromi e del colore non fa perdere al vino gran parte del suo mistero? Poter vedere come evolve nel tempo, la curiosità di stappare una bottiglia dopo anni e cercare di capire i vari cambiamenti e poi, indubbiamente, l’apertura della bottiglia perde tutta la sua poesia… Io da semplice “consumatrice” del prodotto vedo anche quell’aspetto: ho sempre considerato lo stappare il vino, soprattutto in occasioni romantiche, come un sensuale preludio, quasi un preliminare…

Seconda mia curiosità: la scelta delle vasche di cemento per evitare le correnti galvaniche (cosa sono?) che si creano in quelle in acciaio. E in cosa influiscono? Ho chiesto a un amico enologo che  mi ha risposto: essendo l’acciaio un ottimo conduttore questo crea le correnti galvaniche che possono dare interferenze con pratiche di cantina e conservazione. Un amico produttore inoltre mi dice che lasciano i microsedimenti in sospensione e quindi costringono a filtrare il vino. 
Insomma, è un argomento che devo ancora finire di approfondire…
Terza curiosità: l’uso dei cavalli, dal 2005, per il calpestamento eterogeneo che non crea il compattamento del terreno e aria e acqua circolano meglio e aumentano le rese delle vigne. Sono andata a spulciare un poco in giro ed è un uso che arriva dalla Borgogna, usati anche in una delle cantine più famose: Domaine de la Romanée Conti, in Francia. Infatti il cavallo tra i filari mantiene il terreno più sano: non si uccidono i lombrichi (grazie ai loro scavi, la terra diventa più soffice, leggera e fertile, in grado di ricevere più acqua e aria e così le piante crescono più rigogliose. I lombrichi si nutrono di terra dalla quale risucchiano le sostanze nutritive, e poi la espellono sotto forma di humus, che è un ottimo concime per le piante) come succede con i trattori pesanti e soprattutto si favorisce la longevità delle viti, un requisito fondamentale per un grande vino, inoltre l’uso dei cavalli ha un impatto importante a livello ecologico visto che si evita l’uso di combustibile fossile.

La degustazione

Vinnae Ribolla Gialla 2017 
Ribolla gialla e 5% di Riesling (e io personalmente l’ho sentito, soprattutto al naso) e Friulano.
Una piacevole entrée fresca e sapida, un bel vino da aperitivo informale. 

Con l’annata 1983, uscita nel maggio 1984, abbiamo iniziato a chiamare VINNAE la nostra Ribolla Gialla per ricordare la nascita del secondogenito Michele e i cent’anni di lavoro e dedizione alla vigna ed al vino di cinque generazioni di Jermann arrivati nel 1881 da Bilijana (ora Slovenia) nel paese di Villanova. Da Vinnaioli quindi Vinnae per la Ribolla Gialla che era maggiormente coltivata dalla nostra famiglia sin dal 18° secolo.?Con l’annata 2004 l’etichetta è stata rinnovata con l’aggiunta dell’aquila bicipite, ritrovata su una vecchia botte del bisnonno Anton del 1916 (da 305 l. di capacità, ora vengono usate quella da 300 l.) , simbolo delle origini Austro-Ungariche degli Jermann, con il saluto della cantina (servus cella)

La versione per la Slovenia invece avrà una leggera macerazione di 3 giorni… e io che sono appassionata di Orange Wine spero davvero di provarla prima o dopo…

Vintage Tunina 2016
Sauvignon, Chardonnay, Ribolla Gialla, Malvasia, Picolit
Tappo stelvin
Vino pluripremiato (sul sito tutti i riconoscimenti)
Un bianco caleidoscopico, sfaccettato, importante e imponente. Un bouquet ampio e complesso, molto persistente e elegante, vellutato e avvolgente. Si rimane stupiti nell’assaggio perchè non si percepisce la stessa corrispondenza in quanto ci si trova un vino secco, con una notevole acidità e e sapidità quando in realtà, visto lo spettro olfattivo ampio e morbido, probabilmente ci si aspettava un sorso più caldo e non una tale e vibrante freschezza. Un vino di una grande struttura e eleganza con una bellissima lunghezza.

Blau & Blau 2016
Uve Blauburgunder (Pinot Nero) 5% e Blaufränkisch (Franconia) 95%  varietà storica coltivata dagli Jermann sin dal 1800, dedicato a Sylvia Tunina ultima nata della famiglia.
Elegante e equilibrato sia nei profumi con note erbacee e di sottobosco, polvere di caffè, che nel sorso asciutto con un bel tannino non troppo invadente, elegante, vivido e fine.
NOTA: nella brochure togliete quel vinoso tra i profumi del vino, si può dir tutto meno che vinoso (che spesso, anzi, è quasi considerato un difetto…) e il colore rosso rubino piuttosto intenso non lo trovo veritiero, in quanto si presenta con un bellissimo e suadente rosso rubino ma non intenso bensì scarico ed elegante.

Pignacolusse 2013
Pignolo in purezza
Un vino, il pignolo, sempre di grande personalità e tipico del nostro territorio. Un profilo olfattivo ricco di sentori scuri e variegati, dalla prugna al cacao, un sapore deciso, asciutto e con un tannino ampio e ben marcato, incisivo, ruvido e rustico. Strutturato e potente, una notevole lunghezza che si chiude con una bella eleganza.

Un ultimo consiglio: andate a vedere il video di presentazione, merita anche solo per vedere Angelo e Bruna Jermann, genitori di Silvio, lui 93 anni e lei poco meno, che camminano per i filari tenendosi per mano…